Letto sul Sole 24 Ore di domenica 22 settembre che la
Società Dante Alighieri, per celebrare il settecentesimo “compleanno” di
Giovanni Boccaccio, ha lanciato in rete l’iniziativa di riassumere le cento
novelle del Decameron in altrettanti “cinguettii” da 140 caratteri.
L’idea di riassumere in 140 caratteri un’opera letteraria
non è nuova.
Ci sono i precedenti di Einaudi nel 2011, del Corriere della
sera nel 2006, e di molti altri.
In così poco spazio, è naturale che molti dei
micro-riassunti siano animati da spirito goliardico, dunque cosa c’è di meglio
delle novelle del Boccaccio per riproporre il gioco? Fin dai tempi della scuola, il
Decameron ha ispirato recite, parodie,
imitazioni, caricature.
In più, come giustamente sottolinea Lorenzo Tomasin sul Sole 24 Ore, lo stesso Boccaccio già sintetizzò
le sue novelle nella breve rubrica che precede ognuna di esse. E qualcuna di queste
introduzioni rientra perfettamente nei limiti dei 140 caratteri. Ad esempio: “Abraam
giudeo, da Giannotto di Civignì stimolato, va in corte di Roma; e veduta la
malvagità de’ cherici, torna a Parigi e fassi cristiano” (138 caratteri).
Oppure: “Un monaco, caduto in peccato degno di gravissima punizione, onestamente
rimproverando al suo abate quella medesima colpa, si libera dalla pena” (142
caratteri, solo 2 di troppo)
Prendiamola anche come un’occasione
per rileggere il Decameron. Qualche mese fa, ho voluto tornare alla seconda novella della sesta giornata,
quella di Cisti fornaio e dei due bicchieri “che parevan d’ariento, sì eran chiari”: mi serviva per un racconto che
stavo scrivendo.
Ora, non so se mi cimenterò nel gioco dei 140 caratteri, ma
molto probabilmente rileggerò qualche
altra novella. Trovo che rileggere Boccaccio, tra un Baricco e l’altro, non
possa che fare bene :-)
P.S. Giovanni Boccaccio riassunse così la novella di Cisti fornaio:
“Cisti fornaio, con una sola parola fa ravvedere messer Geri Spina d’una sua
trascurata domanda” : 94 caratteri!
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