La pioggia prima che cada non
esiste, non la puoi vedere. C’è quell’attimo, quella particolare atmosfera che
puoi capire soltanto dopo, quando la pioggia è già caduta, che puoi guardare
retrospettivamente o che puoi intuire in anticipo grazie a una sensibilità così profonda da
sfiorare la preveggenza. O forse si tratta solo di suggestione.
C’è molta retrospettiva in questo
romanzo, c’è sensibilità e anche premonizione.
E’ una storia di donne, di madri e di figlie attraverso tre
generazioni nell’Inghilterra dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Siamo lontani
dall’atmosfera cupa della “Famiglia Winshaw”, eppure la famiglia e la violenza
c’entrano molto anche qui. E’ la
violenza dell’amore negato, del conflitto sotterraneo, di legami rifiutati o mal
sopportati. Una violenza che incide l’anima, goccia dopo goccia, e si trasmette
alle generazioni successive. Non si tratta della maledizione delle colpe dei
padri che ricadono sui figli: in questo caso è la fredda ostilità delle madri ad indurire il cuore delle figlie.
A Jonathan Coe piace chiudere i
cerchi e in questo romanzo il dramma si sviluppa tra due momenti apparentemente
insignificanti: la fuga incomprensibile di due cani. Un antipatico e viziato
barboncino di nome Bonaparte fugge all’inizio della storia. Un altro cane scappa
alla fine. Di mezzo ci sono sessant’anni, vite intere, storie apparentemente
normali dietro alle quali si nascondono solitudini e infelicità profonde, e che
appaiono quasi rassegnate, perché già scritte.
Le storie sono raccontate
attraverso quanto di più intonato al clima famigliare: le fotografie. Venti
foto ricordo di vacanze, di compleanni, di cerimonie, di luoghi rimasti nel
cuore. Visi sorridenti, sguardi catturati nell’istante in cui ci si mette in
posa, ambienti che restituiscono al presente un frammento dopo l’altro del
passato, fino a comporre l’intero puzzle e a farcelo guardare, alla fine, con
lo smarrimento di chi ha seguito tutta la traiettoria compiuta dal destino.
Ma nel libro c’è anche il puro
piacere di raccontare il passato, di ascoltarlo, di scoprirlo.
Rosamond un’anziana e tranquilla
signora, muore in solitudine, senza marito né figli. Lascia uno strano
testamento, nel quale tra gli eredi compare Imogen, una donna che nessuno sa
come rintracciare. Rosamond lascia a sua nipote Gill l’incarico di trovare
Imogen e di consegnarle venti fotografie e una serie di cassette registrate con
il racconto della sua storia: la storia di Rosamond, che conduce alla storia di
Imogen.
Gill, accompagnata dalle due
figlie Catharine ed Elizabeth, inizia il suo viaggio nel passato di sua zia,
scoprendo un mondo ancora sconosciuto e soprattutto tre figure femminili che si
passano il testimone l’un l’altra nel corso del racconto: Beatrix, Thea e
Imogen. Al loro fianco, la stessa
Rosamond e, per un tratto di strada, anche
Rebecca, l’unica che “vede” la pioggia prima che cada. O forse la vedono tutte,
ma poi rimangono ostinatamente (o rassegnatamente?) con i piedi ben piantati in
terra, a percorrere il solco già tracciato del loro destino.
Nessun commento:
Posta un commento