Joseph Lambert all’età di nove anni ebbe un gran mal di
denti. “Il dentista gli aveva dato due compresse bianche, probabilmente un
calmante, e poiché dopo pranzo il dolore era tornato a farsi sentire, molto
forte, lui le aveva buttate giù tutte e due”.
Poi andò a riposare in giardino, sotto un tiglio, in uno
stato fluttuante tra sogno e realtà, nel quale le sensazioni fisiche si
dissolvevano e galleggiando lo cullavano regalandogli un senso di pace morboso
e gratificante. “Che fosse il caldo, il torpore che segue al pranzo o l’effetto
delle compresse… Fatto sta che
continuava a sentire dolore alla guancia sinistra, ma non si poteva più
chiamarlo dolore, trasfigurato com’era in piacere, in una sorta di voluttà, la
prima, insomma, che avesse conosciuto.”
Quel ragazzino divenne un uomo sanguigno, energico,
muscoloso , dai lineamenti marcati e il naso grosso e tozzo come suo padre, un
muratore che con la forza delle braccia, schiena curva e sudore aveva creato
un’impresa con officine, magazzini, uffici, dipendenti e svariati cantieri
nella zona. Joseph portò nuove idee e sviluppò ulteriormente l’azienda paterna
con mani sicure, fiuto ed esperienza. Eppure per tutta la vita continuò a
rincorrere quella dolce dissoluzione nel nulla, quel torpore e quel mal di
vivere che sperimentò per la prima volta a nove anni, a causa di un banale mal
di denti, di un caldo dopo pranzo e di due compresse. Lo fece con l’alcol e
soprattutto lo fece con le donne.
Al contrario dei suoi amici del caffè Riche, con i quali si
ritrovava per il bridge e per qualche buon bicchiere, Joseph non sentiva il
bisogno di dissimulare i suoi numerosi tradimenti coniugali, anche quelli più
squallidi con prostitute. Non che li esibisse con ostentazione, ma nemmeno
provava quell’imbarazzo che spinge a rifugiarsi nell’ipocrisia.
L’alcol, le donne, la voluttà erano il suo modo di dire no
alla provincia, alla noia, ai doveri, alle responsabilità, alle anime belle, ai
parenti soffocanti, alla domestica bigotta e rancorosa, ai due fratelli, un
insopportabile sgobbone precisino e un alieno flaneur sparito in qualche
circolo intellettuale a Parigi. La voluttà era la sua grande forza di
attrazione, il magnete che lo richiamava costantemente verso l’abisso.
Una sera Joseph sorprese la sua efficientissima ed
enigmatica segretaria Edmonde sdraiata sullo schienale reclinato, con il
vestito alzato fino al ventre, una mano in mezzo alle cosce e un impercettibile
movimento di dita. Rimase a guardarla fino al momento dell’orgasmo, notando le
narici contrarsi e “il labbro superiore rialzarsi scoprendo i denti in una
smorfia di sofferenza che non somigliava per niente ad un sorriso”.
Da quel momento Edmonde diventò, unica tra le tante amanti,
la perfetta complice con cui condividere il suo insanabile mal di vivere.
La complicità dell’anima ebbe occasione e necessità di
trasformarsi in complicità nel male quando l’incessante corsa verso il danno e
la catastrofe giunsero alla meta finale, che non poteva essere più straziante:
un pullman con quarantotto bambini a bordo esce di strada, si schianta e si
incendia. Quarantasette bambini morti, più due maestre e l’autista, una bambina
che lotta tra la vita e la morte e un solo
responsabile: Joseph Lambert alla guida della sua Citroen con la mano sinistra,
la mano destra immersa tra le bianche cosce della sua obbediente segretaria.
E’ da qui che parte la storia, da una tragedia che avrebbe
potuto trasformare Joseph ed Edmonde negli amanti maledetti già visti in Teresa
Raquin. Avrebbe potuto, ma in questo caso il percorso è un altro e si appoggia
sull’enigma Edmonde, un personaggio inquietante
che non si dimentica facilmente, e a cui serviva tutta la fantasia
perversa e misogina di Simenon per prendere forma e vita.
Nei confronti di Joseph invece, nonostante l’indicibile
gravità della tragedia provocata, tendiamo ad essere inspiegabilmente indulgenti
e ad assecondare in parte il suo istinto auto assolutorio. “Non sono
colpevole”, scrive lui ad un certo punto, ma poi ci ripensa, troppo difficile
da spiegare, occorrerebbe essere capaci di srotolare quella matassa
ingarbugliata che ha iniziato a formarsi tanti anni fa, in un assolato
pomeriggio trascorso da un ragazzino in preda di un acuto mal di denti.
Con questo romanzo sono tornato a frequentare, dopo tanto tempo, il vecchio Simenon. E ancora una volta sono rimasto colpito dalla perizia consumata di questo grande narratore. Con pochi tratti sapienti, riesce a costruire un quadretto vivo e credibile di una cittadina di provincia, con i suoi bar, i suoi circoli, le fattorie, i salariati, i notabili, le famiglie, le prostitute, le maschere antiche e sinistre di coloro che vivono ai margini del villaggio. In centocinquanta pagine veloci ci rende partecipi dell’inquietudine di un’anima, degli arrovellamenti che seguono un misfatto e del mistero che circonda coloro a cui incautamente affidiamo la nostra salvezza. E ci dimostra, con i fatti e non con astratte teorie, quanto siano inutili le raccomandazioni e gli avvertimenti premonitori di chi in un modo o nell’altro ci vuole bene (“stai attento”, “prenditi cura di te”) nel momento in cui siamo soggiogati da un’insostenibile e terrena cupio dissolvi.
Ecco perché, se amiamo i libri, non possiamo non dirci
riconoscenti a Simenon: i lettori gli devono gratitudine per le ore di
piacevole ozio regalate da tante pagine che non ambiscono ad entrare nell’Olimpo
o nel Parnaso della Letteratura, ma ci divertono per lo sguardo intelligente
sull’umano mondo . Gli scrittori, e soprattutto gli aspiranti tali, mi auguro
continuino a vedere in Simenon un grande, grandissimo maestro.
Ciao Pierpaolo.
RispondiEliminaMi chiamo Andrea Di Cesare, abbiamo circa la stessa età e provenienza geografica. Sono come te un appassionato di letteratura. Ma mi trovo a dover dissentire su Simenon,che non considero affatto un grande scrittore e nemmeno uno scrittore.
Se ti interessa sapere il motivo d questa mia posizione, ti lascio qui di seguito il link dove puoi leggere qanto ho scritto:
http://www.ideabiografica.com/nuovosito/lassommoir/796-georges-simenon-la-voce-del-plagio-e-dellalienazione-moderne
ciao. spero sia questa con te l'opportunità per avviare un discorso... uno scambio... buon lavoro.
Andrea
Ciao Andrea, grazie del tuo commento. Come avrai capito dal mio post, a me Simenon piace molto. Ho letto quanto hai scritto e vengo a risponderti sulla tua pagina.
RispondiEliminaciao
Pierpaolo
... il tempo... la memoria... sono passati molti anni, e sono ricapitato su questa tua pagina; ma non riesco a trovare il tuo commento sul mio sito... ciao
EliminaAndrea