Nella sua lunga carriera di
giornalista, scrittore e conduttore televisivo, Corrado Augias ci ha portato in
giro per il mondo, svelandoci i segreti delle grandi città (Parigi, Londra, New
York), con lucide inchieste ci ha interessati a importanti casi di cronaca
giudiziaria (Telefono Giallo), ha scritto lui stesso qualche noir (il delitto e
il mistero evidentemente lo intrigano assai), ha portato i libri e la cultura
sul piccolo schermo (Babele).
Da qualche anno si sta dedicando
a inchieste, viaggi e ricostruzioni sul pianeta Gesù, utilizzando un po’ tutte
le abilità sviluppate nei lavori precedenti.
“Le ultime diciotto ore di Gesù” è una
fiction, come spiega Augias stesso, intendendo il termine nel suo significato
etimologico (dal latino fingere: figurarsi, immaginare, supporre, ipotizzare) estendendolo un po’: sognare, “perché
qualunque storia è almeno in parte una bugia – o un sogno”.
Tutti sappiamo che la storia di
Gesù è storia rivelata solo in parte, è storia di chi ama e vuole essere
scoperto, lasciando sufficienti segni
per credere e altrettanti per respingerlo. L’intelletto non può arrivare a
sciogliere ogni dubbio, come non ci si può innamorare con la sola forza della
ragione. Le luci e le ombre possono però essere usate per figurarsi una scena,
per tentare di descriverla e raccontarla. Si può usare il realismo crudo del
Caravaggio nella “Morte della Vergine” oppure la maestosità dei sontuosi
mosaici bizantini: stessi personaggi, stesse scene, ma rappresentazioni diverse,
racconti diversi.
Il racconto, la fiction, il sogno
di Augias è interessante e ben costruito. La credibilità è lasciata al giudizio
del lettore e probabilmente non è più di tanto un obiettivo dell’opera. C’è
comunque molta ricerca, rigore, studio, attenzione, amore per i dettagli. Chi
conosce l’autore non può aver dubbi al riguardo. Le sue fonti spaziano dai
Vangeli canonici a quelli apocrifi, dai rotoli di Qumràn alle storie di Flavio
Giuseppe e la narrazione rimanda ogni tanto a qualche importante riferimento
filosofico-letterario (Dostoevskij, Bulgakov, Seneca, Epicuro, Lucrezio).
Augias cerca di ricostruire
quella manciata di ore che trascorrono dall’arresto nel Getsemani alla morte
sulla croce, passando attraverso due processi (religioso e politico) e la
flagellazione. Letto da una prospettiva unicamente storica e umana, la storia
di Gesù è anche un caso giudiziario con molti lati oscuri. Non sono chiare le
accuse, le prove, i testimoni. L’intensa, complessa, controversa ed enigmatica
personalità dell’imputato obbliga a spostare l’attenzione sugli altri
personaggi: innanzi tutto Ponzio Pilato e i gran sacerdoti, ma anche il
tetrarca Erode Antipa con la sua corte corrotta, il fariseo Nicodemo, il
traditore Giuda Iscariota.
Su di loro si cercano testimonianze,
citazioni, aneddoti, riscontri. I personaggi di fantasia (il leale centurione
Kyrillos, l’ambiguo consigliere Nikephoros) servono per portarci dentro la
storia, farcela vivere in 3D, oppure (lo scrittore Lucilio) per trasferirci le
probabili personali inquietudini dello stesso Augias.
Giuseppe e Maria, totalmente
umanizzati e privati di ogni connotazione mistica, danno vita e colore a una
libera interpretazione dell’ambiente domestico nel quale Gesù è nato e
cresciuto.
Nonostante l’imminente festività
della Pasqua ebraica, il clima entro il quale si avverano le antiche profezie è
fosco, intorbidito dalla decapitazione di Giovanni il Battista. Fioriscono i
complotti, i tranelli, i tradimenti, i sotterfugi, i calcoli opportunistici, le
debolezze, le vigliaccherie. Tutto contribuisce a rendere plastico il concetto
che proprio per l’eterna inadeguatezza umana Gesù salì sulla croce.
Un uomo si trova suo malgrado al
centro di queste trame malsane: il procuratore romano Ponzio Pilato che, dando
credito al giudizio di Filone
d’Alessandria, Augias rappresenta come un malmostoso, collerico, ulceroso e
grezzo militare, infastidito dall’ennesima grana che gli tocca risolvere in
quella lontana, infida e riottosa provincia dell’Impero.
Pilato è preoccupato. Ha già
commesso gravi errori. A Roma lo tengono d’occhio, sa che un altro passo falso
gli sarebbe fatale: la competizione è spietata, i nemici lo incalzano, i
benefattori sono lontani e ormai disinteressati alla sua sorte. Per giunta, sua
moglie Claudia Procula lo tormenta con oscuri presagi e sembra inspiegabilmente
sensibile alla sorte di questo profeta pazzo e sventurato. I gran sacerdoti gli
hanno teso una trappola, scaricandogli la responsabilità di mandare a morte un
innocente. Come venirne fuori?
Un’ultima annotazione. Un libro
come questo non poteva escludere completamente l’ambito spirituale. La stessa
rappresentazione storica, umana e terrena dei fatti sarebbe stata deformata,
perché ogni singolo atto o parola che riguarda Gesù è intrisa di spiritualità.
Alcuni personaggi (Nicodemo, Giuda, gli Esseni) coprono l’ambito culturale e di
testimonianza di questo aspetto. Il suo lato esistenziale è invece affidato a
due anime inquiete: Claudia Procula e soprattutto lo scrittore Caio Quinto
Lucilio, dietro al quale fa capolino, forse, lo stesso Augias.
Lucilio è uomo colto e sensibile,
mosso da pietas, capisce, si interroga, riflette. Non gli piacciono le risposte
e le soluzioni di comodo, pur nella consapevolezza che su di esse si regge il
governo del mondo.
Nauseato dalla conclusione di
questa storia, Lucilio lascerà Gerusalemme, tornerà a Roma e con gli anni
seppellirà ogni giovanile speranza di resurrezione dopo la morte, non
aspettandosi altro che il ritorno a madre natura, nella cui infinita immensità
è dolce naufragare.
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