Casarsa, agosto 1940
Caro Franco,
del mio lungo silenzio non mi scuso con la mia pigrizia,
dato che la pigrizia è scusabile come scusa soltanto fra i parenti anziani; ho
aspettato di risponderti, prima per la partenza per Casarsa, poi per lo
sposalizio di mia cugina Annie, poi per scrivere a Paria e all’Emilietta a cui
avevo delle cose più urgenti da dire.
Sono vuoto e abulico. Gli avvenimenti passano come sempre
insulsi, qualche volta commoventi. Lo sposalizio è una bella cosa, ma non ha
fatto che confermarmi nelle mie idee contrarie allo sposalizio stesso. Casarsa
mi ha deluso, ma del resto ogni cosa mentre è mi delude e quando è passata la
rimpiango: ora tutto quello che la campagna mi può dare lo posso avere: pace,
ragazze, raccoglimento, prati, ozio, bevute, ed in realtà tutto questo è in mio
possesso, ma è sporadico, annacquato da un profluvio di ore vuote e aride. E
quanto rimpiangerò quest’inverno le presente giornate, come sempre mi accade!
Speriamo venga Paria, quando si è con un amico anche i minuti più soliti e
vuoti si possono utilizzare.
Ad ogni modo una cosa bella da essere confusa con un sogno l’ho
avuta: il viaggio da S. Vito a qui, in bicicletta (130 km): esso appartiene a
quel genere di avvenimenti che non possono essere raccontati senza l’aiuto
della voce e dell’espressione. L’alba, le Dolomiti, il freddo, gli uomini coi
visi gialli, le case e i sagrati estranei, l’accento estraneo, le cime e le
valli nebbiose irraggiate dall’aurora.
Sto leggendo un libro che mi appassiona: l’Iperione di Hölderlin;
tocca dei problemi e un divenire di sentimenti e situazioni spirituali che sono
per me una bruciante realtà; molte volte mi sembra di sentir parlare me stesso.
In quanto a ragazze non avrei che scegliere; passi per la strada,
vedi due morette, le guardi e loro ti dicono: "Ciao bel putel!" Ce ne sono di veramente graziose; ma la mia abulicità e il mio scetticismo
vincono qualunque altro sentimento, e sono in aspettativa chissà di che cosa,
forse di Paria.
Vado, com’è di prammatica, a giocare a pallone, ma neanche
questo mi diverte più come una volta.
Sembrerebbe da quanto ti scrivo che io sia triste e appartato
e pessimista, mentre non son mai stato così gaio e così pieno di appetito: forse
dipende dal fatto che sto diventando sempre meno intelligente (nel senso comune
della parola) e più gazzosa, almeno così mi sembra.
Ti abbraccio
P.P.
Saluti alla tua famiglia
Tratto da: Pier Paolo Pasolini. Vita attraverso le lettere, a cura di Nico Naldini. Einaudi 1994