Vivian Maier (New York,
1926-Chicago, 2009) trascorse la sua vita lavorando come bambinaia per diverse
famiglie e coltivando una grande personale passione per la fotografia, senza
mai condividerla con anima viva. Tra il 1951 e gli anni ’90, eseguì oltre 150.000
scatti. Ritrasse bambini, anziani, donne, uomini nella loro vita quotidiana,
regalando immortalità a fugaci e casuali istanti, che lei riusciva a rivestire,
con molta semplicità, di bellezza e di insospettabile significato. Scattò anche
molti autoritratti, spesso soltanto un'ombra che si proiettava sul terreno, su
una parete, su una vetrina. Non mostrò mai a nessuno le sue fotografie e non si
curò nemmeno di sviluppare gran parte dei suoi rullini.
Trovandosi in ristrettezze economiche, tra la fine degli anni '90 e
i primi anni del nuovo millennio, mentre una
delle famiglie a cui era rimasta più legata la aiutava a pagare le spese di un
piccolo appartamento, Vivian Maier decise di immagazzinare in un box i suoi pochi beni,
inclusi le fotografie e i rullini mai sviluppati.
A seguito del mancato pagamento
dell’affitto del magazzino, i suoi beni furono
pignorati e messi all’asta. Fu questo fatto che, per una fortunata coincidenza, consentì di far conoscere al
mondo intero l’opera di una delle più interessanti fotografe del ‘900,
anticipatrice della “Street Photography”.
Vivian Maier morì prima di poter
vedere il folgorante successo che le sue opere ottennero grazie al web e ai
social media. Sembra un paradosso fin troppo appariscente che una delle figure
più schive e riservate del mondo dell’arte debba interamente la sua notorietà
al tempio del narcisismo e dell’egocentrismo.
Nel 2007, John Maloof, un giovane
agente immobiliare di Chicago, iniziò a raccogliere del materiale che potesse
essere interessante per la pubblicazione di un libro sull’area di nord-ovest
della città, nella quale viveva, spesso ignorata e poco conosciuta. In
particolare, l’editore chiese di inserire nel libro circa 220 fotografie d’epoca
e per questo John Maloof e Daniel Pogorzelski, co-autore del libro,
setacciarono ogni angolo della zona alla ricerca di immagini vintage. Fu così
che in una casa d’aste si imbatterono in una scatola di negativi che ritraevano
la Chicago degli anni ’60: erano una piccola parte di quelli pignorati a Vivian
Maier e, senza pensarci troppo, li acquistarono tutti per 400 dollari.
Riguardandoli con maggiore attenzione, non trovarono nulla di interessante per
il libro e li accantonarono per diverso tempo. Il libro di Maloof e Pogorzelski
fu pubblicato l’anno successivo con il titolo Portage Park, Images of America.
“Seppur scattate decenni orsono, le fotografie di Vivian Maier hanno
molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata. Molti
di noi condividono il suo stesso desiderio e il suo impulso di fare fotografie –
e grazie alla tecnologia digitale a nostra disposizione, oggi lo possiamo fare.
Se con Facebook, Flickr, e Istangram, oggi siamo in grado di produrre immagini
e con un semplice click proiettarle in tutto il mondo, l’innegabile talento di
Vivian Maier, abbinato al fermo proposito di mantenere la propria attività di
fotografa come una questione privata, ci affascina e al tempo stesso ci
confonde. Non può però sorprenderci: in un’epoca in cui la fotografia viene
ridefinita, cambiano anche gli autori che troviamo più interessanti e stimolanti.
Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro
rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi
stessi.” Marvin Heifermann
Subendo probabilmente un’influenza
simile a quella descritta da Marvin Heifermann, John Maloof, fino a quel
momento totalmente inesperto di fotografia, riguardò più volte gli scatti di
Vivian Maier e iniziò ad emularla, girando
per le vie di Chicago e cercando di
catturare e immortalare spicchi di varia umanità.
Sempre più affascinato dalla
personalità che emergeva dalle immagini acquistate all’asta, Maloof frequentò
un corso di fotografia, creò una camera oscura nel suo appartamento e iniziò a
sviluppare i negativi della Maier, giungendo a proporsi di ricostruire l'intera
sua opera.
Vivian Maier morì nell’aprile del
2009, per i postumi di una banale caduta sul ghiaccio, prima che Maloof potesse
incontrarla.
Nel giro di pochi anni, Maloof
riuscì a recuperare il 90% della produzione di Vivian Maier dai diversi
compratori a cui erano stati venduti all’asta, e mise insieme una collezione
dai 100.000 ai 150.000 negativi, 3.000 stampe, e poi film in pellicola, home
video, registrazioni. Grazie alla famiglia in cui Vivian Maier rimase 16
anni ad occuparsi dei figli, Maloof riuscì a entrare in possesso di effetti personali, ritagli di
giornali e corrispondenza che gli consentì di ricostruire la biografia di questa
grande fotografa.
Nata a New York nel 1926 da padre
austriaco e madre francese, Vivian Maier trascorse gli anni Trenta del secolo scorso in
Francia, in compagnia della madre. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, madre
e figlia rientrarono negli Stati Uniti per poi ritornare in Francia alla fine
del conflitto.
Nel 1951, a venticinque anni d’età,
Vivian Maier è di nuovo a New York, questa volta senza la madre, e inizia a lavorare come bambinaia, attività
che le permise di mantenersi per tutta la vita, durante la quale non perse mai la
passione per la fotografia di strada. Fu Jeanne Bertrand, un’amica francese
della mamma, presso la quale la donna si era rifugiata dopo la separazione dal
marito avvenuta nel 1929, a trasmettere alla piccola Vivian la curiosità, l’interesse
e poi la passione per la fotografia. Jeanne Bertrand eseguiva principalmente
ritratti e ricevette anche alcuni riconoscimenti, tra cui una prima pagina del Boston Globe,nel 1902.
Nel 1956 Vivian Maier si trasferì
a Chicago, città nella quale trascorse gran parte della sua esistenza, senza
mai sposarsi e senza che siano rimaste traccia di amicizie o legami
sentimentali particolarmente profondi. Il suo interesse ossessivo per la
documentazione di frammenti di vita quotidiana la portò anche a realizzare
piccoli filmati artigianali e registrazioni sonore. Tanti piccoli frammenti di
un puzzle gelosamente custoditi fino alla morte e rivelati al grande pubblico
solamente quando il giovane agente immobiliare John Maloof postò su Flickr
alcuni dei suoi scatti, ottenendo un clamoroso successo.
Nel 2013 John Maloof girò anche
un documentario, dal titolo “Finding Vivian Maier”, distribuito anche in
versione italiana nel 2015, e realizzò il sito www.vivianmaier.com
Fino al 31 gennaio 2016 alla galleria
Forma Meravigli di Milano si può visitare la mostra “Vivian Maier, una
fotografa ritrovata”, prima esposizione a lei dedicata nella città meneghina.