martedì 23 giugno 2015

Laudato si'


Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’onore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno,
et nullu homo ène dìgnu Te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messór lo frate sole,
lo quale jórna, et allumini noi per lui;
et ellu è bellu e radiànte cum grande splendore;
de Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi' Signore, per sora luna e le stelle;
in celu l’hai formate clarìte et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è molto utile et hùmele et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallùmini la nocte,
ed ello è bellu et jocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta e governa,
et produce diversi fructi, con coloriti fiori et erba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulatione.
Beati quilli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’  Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po skappare.
Guai a·quilli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quilli ke se trovarà ne le tue sanctissime voluntati;
ka la morte seconda nol farrà male.
Laudate e benedicete mi Signore et rengraziate
e serviteli cum grande humilitate. Amen.


Il professor Emore Paoli, docente di Letteratura latina medioevale e umanistica all’Università di Roma Tor Vergata ha presentato una interessantissima relazione al convegno “Parabole, paraboloidi, sovrabbondanza e…Riflessioni sull’architettura umana e celeste”, che si è tenuto ad Assisi il 13 giugno scorso, nella quale ha evidenziato come il Cantico della creature, nonostante probabilmente scritto in tre momenti diversi della vita di San Francesco , sia una “meraviglia di perfezione architetturale”, grazie anche al probabile contributo di frate Pacifico ,“maestro de versi et de canto”, di cui si trova notizia in diversi testi francescani.
Il cantico, per il quale purtroppo non ci è pervenuta la musica, si compone di 33 versi, gli anni che Gesù trascorse nel mondo. Francesco vuole lodare Dio attraverso le sue creature, stando nel mondo, utilizzando immagini ed esempi di bellezza terrena.
Nella suddivisione in versi, il professor Paoli propone due varianti rispetto alla versione che comunemente si conosce, che permettono di mantenere il numero di 33 versi, ma anche di cogliere alcune altre interessanti caratteristiche che fanno parlare di “meraviglia architetturale”. Gli elementi associati a Dio sono sempre tre, quelli associati  alla natura sono sempre quattro come i principi base (aria, acqua, fuoco e terra) e quelli associati all’uomo, essere tradizionalmente bipartito (anima e corpo, etc.) sono sempre due. Soprattutto il riferimento al numero quattro, insolito per il mondo antico e medioevale, è una caratteristica sicuramente non casuale del Cantico.
Interessante anche l’idea del Cantico come risposta umana al Padre Nostro,  grazie anche ad una curiosa simmetria. Nel Padre Nostro il termine “tu/tuo” ricorre 3 volte e il termine “nostro” ricorre 9 volte. Nel Cantico è il contrario: “tu/tuo” ricorre 9 volte e “nostro” ricorre 3 volte. Nel Padre Nostro si chiede e nel Cantico si ringrazia. Il Padre Nostro era la preghiera più recitata da San Francesco, per il quale scrisse anche un commento. Era anche la preghiera che veniva prescritta come “penitenza” per i frati che si fossero resi rei di conversazioni futili e vuote.
Aggiungo il link al blog di Claudio Pace, tra gli organizzatori del convegno, dove si può ascoltare la relazione del professor Emore Paoli: https://www.youtube.com/watch?v=tbRln2_bY9w e le altre relazioni: http://www.claudiopace.it/paraboloidi-angelani/2/   molto interessante anche per il rapporto tra uomo e territorio.

Ma non deluderemo nemmeno chi, ingannato dal titolo del post, fosse giunto fin qui pensando di trovare l’Enciclica di Papa Francesco. Eccola:  http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/Documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si_it.pdf


giovedì 18 giugno 2015

Il Gusto della Terra

“Il Gusto della Terra” è un libro  originale e interessante, frutto di una proficua collaborazione all’interno di una rete di food blogger (la community delle Bloggalline), i cui proventi saranno devoluti al Banco Alimentare.

Di questo libro mi affascina tutto: il titolo, la copertina, il contagioso entusiasmo delle oltre 100 blogger autrici delle ricette che fino alla fine hanno condiviso con passione un progetto collettivo e sono riuscite a realizzarlo, l’originalità delle proposte, il senso di semplicità, garbo, freschezza, concretezza ed eleganza che trasmettono le immagini, la grafica e i contenuti.
Non sono in grado di dare un parere nel merito delle singole pietanze, ma  dalla lusinghiera prefazione dello Chef Luca Montersino capisco che anche il livello tecnico è molto elevato.  Eppure si tratta di ricette apparentemente semplici (magari provare ad eseguirle è un’altra cosa) esposte in modo chiaro e piacevole.
Nove capitoli, ognuno dedicato a una materia prima, nove  macro categorie di ingredienti attorno a cui sono sviluppate ricette suddivise in quattro portate (antipasti, primi, secondi/piatti unici, dolci). Abbiamo così il capitolo del riso, poi i cereali e simil cereali, i legumi, le spezie ed aromi, i semi oleosi, la frutta esotica, cacao e caffè, tè, zuccheri e sciroppi.
Scrivono le autrici: “I 9 capitoli vogliono rappresentare 9 gruppi di prodotti provenienti da coltivazioni di tutto il mondo, principalmente da paesi in via di sviluppo, e si prefiggono lo scopo di rivisitare e utilizzare, in maniera differente, delle pietanze comuni che solitamente si cucinano in modo tradizionale”.
Ho l’impressione che nel mondo sempre più affollato della gastronomia e della cucina questa iniziativa riuscirà a distinguersi. Si percepisce immediatamente  una creatività amichevole, per nulla narcisa, che non inibisce, anzi distende.
Mi piace questo modo di discorrere di cucina. Mi piace come le ricette di Pepe Carvalho, come i panini, la birra e i calvados di Maigret, come i piatti di pesce di cui è ghiotto Montalbano, come l’ode al pomodoro di Pablo Neruda.
Forse dovrei inaugurare un altro scaffale di questo blog. Tra “qualcosa di bello” e “qualcosa di divertente” potrei inserire “qualcosa di buono”.
Ma forse è già tutto compreso nel bello.  Perché, come disse Anthelme Brillant-Savarin, magistrato, diplomatico, musicista e gastronomo:  “La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella”.

domenica 14 giugno 2015

Luis Sepulveda, Carlo Petrini, Un'idea di felicità

“Un’idea di felicità”, di Luis Sepulveda e Carlo Petrini è innanzi tutto una bella idea.
Un dialogo tra due persone che hanno qualcosa da dire. Dialogo prima diretto, nella forma di una conversazione ricca di spunti di interesse. Poi prosegue con un confronto a distanza: lo scrittore cileno apre con sette idee per il futuro (su felicità, letteratura, sviluppo, condivisione, nutrimento e politica) e il fondatore di Slow Food e Terra Madre risponde sugli stessi temi (solo sostituendo la letteratura con la gastronomia).
Si parte dal comune apprezzamento per la lentezza, tema dell’ultimo libro di Sepulveda e concetto essenziale e fondativo di Slow Food.  Lentezza come fonte di piacere, saggezza, efficienza. L’idea che la felicità si fondi essenzialmente sulla rete, sull’apertura agli altri, sulla valorizzazione delle diversità, senza le quali le identità appassiscono e muoiono.
Entrambi accettano molto volentieri l’etichetta di utopisti e visionari (non per nulla sono entrambi classe 1949, piena generazione ’68) ma rivendicano con orgoglio che solo con una robusta dose di utopia si possono realizzare cambiamenti concreti. E quanto a visione sul futuro, si fidano più dei poeti che di scienziati, economisti e politici.
Ciò che rende affascinante la narrazione di entrambi, e che la fa uscire dalla pura affabulazione fine a se stessa, è che l’uno e l’altro hanno fatto cose importanti nella loro vita, sono stati in modi diversi due rivoluzionari, e le loro idee sono un corpo unico con le esperienze maturate e i progetti futuri.
Sepulveda fece parte della guardia personale di Salvador Allende, è stato esule in vari paesi, combattente sandinista in Nicaragua, attivista di Greenpeace, ospite per sette mesi degli suar,  una popolazione amazzonica, amico del presidente dell’Uruguay Pepe Mujica.  Petrini, muovendo da Bra, nel cuneese, e dall’ARCI, ha creato un movimento che, tra Slow Food e Terra Madre coinvolge circa un milione di persone sui temi del cibo e dell’agricoltura e sulla loro importanza per la cultura, la salute, l’ambiente e per un mondo più giusto.
Fare bene e con passione il proprio mestiere, riscoprire l’antica sapienza contenuta nel lavoro manuale, artigiano, contadino, non avere paura di vivere in una decorosa povertà, rifiutando le chimere di chi promette il benessere e poi ti costringe alla fame, sono tra i tanti punti di vista che, oltre a qualche tratto biografico, accomunano i due personaggi.

Sepulveda svela il contenuto che lo ispirò per la scrittura di alcune sue celebri opere. Petrini sviluppa le sue idee rifacendosi soprattutto al progetto di Terra Madre, “un modello slow che imprime cambiamenti repentini”. Due testimoni straordinari di come la cultura possa farsi vita e la vita farsi cultura. Contro i mastri parolai che cianciano con stile (o anche no) senza contenuti.

Natura

Vincent Van Gogh, Alberi d'ulivo (1889)


Caro Theo, 
essere sensibili, anche profondamente, alle bellezze della natura non significa essere religiosi, sebbene io ritenga che le due cose siano strettamente connesse l’una all’altra.

Vincent Van Gogh, lettera al fratello Theo del 17 settembre 1875

venerdì 5 giugno 2015

Lavorare la terra


"Chi lavora la terra, chi fa il pescatore, chi sa rapportarsi con la natura per procurarsi nutrimento in maniera rispettosa è una persona da conoscere e da ascoltare. Spesso sono ritenuti gli ultimi, i più umili, ma a ben vedere possono insegnarci tanto, spiegarci molto della vita." Carlo Petrini
Vincent Van Gogh, Il seminatore, 1888

mercoledì 3 giugno 2015

Expo 58, Jonathan Coe



Convincente e di ottima fattura l’ultimo romanzo di Jonathan Coe, un’opera minore di qualità, molto adatta a momenti di sana evasione e di relax.

Più che una spy story, si ha l’impressione di immergersi in una commedia anni ’50 alla Cary Grant, con un pacifico protagonista che viene improvvisamente catapultato suo malgrado in complicati intrighi internazionali e soprattutto in imprescindibili e ancora più pericolosi love affaires. D’altra parte Jonathan Coe è un raffinato cinefilo, che ama inserire nelle sue opere moltissimi riferimenti e rimandi al grande schermo.

L’ambientazione è perfetta, curata e credibile in ogni dettaglio. Nella prima parte ci si sente così avvolti dall’atmosfera British della vecchia Inghilterra che viene voglia di sfogliare le pagine tenendo a portata di mano toast imburrati e tazzine di tè.

La scena si sposta successivamente a Bruxelles, durante la prima Esposizione Universale organizzata dopo il secondo conflitto mondiale, terminato da soli tredici anni. L’Expo nell’anno in cui entrano in vigore i Trattati di Roma e viene fondata la Comunità Economica Europea è l’occasione per voltare pagina: si vuole gettare un ponte verso il futuro e si sceglie come tema “Valutazione del Mondo per un mondo più umano”. Simbolo di Expo 58 è l’Atomium, una costruzione in acciaio che rappresenta gli atomi di un cristallo di ferro. Grandi speranze venivano riposte nella scienza, nella tecnologia nucleare, nel progresso. Alla vetrina di Expo ogni Stato voleva fare bella figura, mettere in mostra la sua cultura e le sue eccellenze. Tra i visitatori c’era un clima di effervescente eccitazione e le Grandi Potenze muovevano le loro pedine, si studiavano e si controllavano reciprocamente. Expo 58 ebbe oltre 40 milioni di visitatori. Un americano del Texas bivaccò tre giorni davanti all’ingresso per non perdere l’occasione di essere il primo ad entrare.

Lasciata la sua tranquilla normalità a Londra, (un monotono impiego ore 9-17, una moglie ansiosa con bimba piccola, una mamma saggia e un vicino ficcanaso) Thomas Foley, il nostro protagonista che viene definito come un incrocio tra Gary Cooper e Dirk Bogarde è pronto ad entrare nella sua avventura da cinematografo: un gustoso intreccio tra una parodistica spy story, inquietudini sentimentali e promesse di trasgressione.

L’ironia, la capacità di fare sul serio senza prendersi sul serio e il sapiente dosaggio di attendibilità e di parodia mi sembrano gli elementi che maggiormente caratterizzano questo romanzo: ci si gusta un’atmosfera da Bulli e Pupe senza cadere in banali déjà vu, mentre la spy story è costellata da un’innumerevole serie di  macchiette e stereotipi, tanto più divertenti quanto più volutamente e ricercatamente scontati. Ma Jonathan Coe si diverte con il lettore che crede di saperla lunga, come il gatto fa con il topo: ogni sorpresa sembra quella definitiva, in ogni pagina abbiamo la sensazione di avere sotto controllo la situazione e attendiamo soltanto di planare su ciò che pensiamo un approdo già ampiamente annunciato, quand’ecco che siamo sorpresi da un guizzo imprevisto, un colpo di coda inaspettato, una nuova rivelazione, fino all’ultima pagina.

E adesso cosa ci vediamo, Notorius, Intrigo Internazionale o Caccia al ladro?
L'Atomium, Bruxelles, parco Heysel, Esposizione Universale 1958 




Il pub Britannia, nel padiglione inglese, attorno al quale si svolge la trama del romanzo
Le hostess (oltre 300) di Expo 1958
Una di loro ha una parte di rilievo nel romanzo



Audrey Hepburn a Expo 1958

La cerimonia di apertura di Expo 1958
Il texano che attese tre giorni all'ingresso
per essere il primo visitatore









Expo 1958 ebbe 41 milioni di visitatori

Il principe Ranieri Monaco e Grace Kelly a Expo 58



Il padiglione degli USA
Il padiglione USA


Il prestigioso Praha Restaurant
Il padiglione dell'Unione Sovietica



il ristorante del padiglione tedesco